Allegri e il suo Milan Magnolia
Nel 2003 spopola in radio 'Magnolia', singolo dei Negrita che spiega come sia bello prendersi cura di qualcuno o qualcosa alla quale vogliamo bene, indipendentemente dalla distanza. Per Massimiliano Allegri, tornato al Milan dopo il quadriennio 2010-14, la distanza dal rossonero era diventata troppo ampia.
7/11/20252 min read
Il 2003 per Max Allegri non è esattamente un anno come gli altri. Si tratta dell’esatto momento di passaggio dal campo alla panchina, dalla maglia alla tuta, dall’essere giocatore ad allenare, bene, tanti giocatori. Inizia a farlo all’Aglianese, a Pistoia, distante un’ora di macchina dalla sua Livorno, quella delle biciclette e del gabbione, tracciando le linee di confine di un nuovo grande inizio, di quelli che di confini, in verità, ne avrà pochi. E proprio mentre si comincia a configurare il suo percorso da tecnico, nelle radio spopola un pezzo di un gruppo musicale rock formatosi circa un decennio prima, i Negrita, che suonano Magnolia. Una canzone che prende il nome di una pianta bella ma che cresce lentamente, parlando di come sia bello e possibile prendersi cura di chi ci sta accanto, vicino o lontano che sia. Adesso che Max è tornato a sedere sulla panchina del Milan, dopo il quadriennio 2010-14 e la doppia epopea juventina, quel testo così dolce accompagnato da chitarre e batteria, con il suo significato insito nel titolo di un processo lento ma vincente, uscito proprio nel suo primo anno da allenatore, suona come un monito.
“Pioggia io sarò, per toglierti la sete”, una sete di vittorie, di trofei, certo, ma anche di tranquillità, che all’ambiente milanista manca ormai da tempo, dopo lo smantellamento di ciò che è stato lo scudetto di Pioli del 2021, il passaggio di proprietà e il caos Maldini, fino alle due infelici gestioni tecniche accompagnate da infinite e durissime polemiche della tifoseria durante tutto lo scorso anno. Una sete che Allegri vuole soddisfare a modo suo, con solidità prima e gesti tecnici poi, perché si sa quanto i singoli siano apprezzati dall’allenatore toscano, che mai ha fatto segreto della sua concezione ‘semplice’ del gioco del calcio. Un gioco che affiderà alla solita compagnia dei Leao e dei Pulisic, accompagnati da qualche innesto di qualità ed efficenza, cercando però prima di tutto di costruire con il gruppo, come sta facendo già dai suoi nuovi primi giorni di Milanello, una terra promessa che conosce come le sue tasche. Parlando, scherzando, riprendendo i suoi, creando armonia: in una parola, unendo.
“Sole salirò, per asciugarti bene”, dalle delusioni di campo e da quelle che ne trascendono, come l’addio di Theo Hernandez, particolarmente rumoroso per ciò che il francese ha scritto sui social, dove ha lamentato una “diversità di valori”, mandando un chiaro messaggio al board dirigenziale rossonero che evidentemente stava ormai stretto a lui che ha così preferito ricoprirsi d’oro in terra araba. Accettando la sua partenza - e quella di Reijnders - Allegri ricomincerà costruendo, come detto, ma soprattutto prendendosi cura di quello che sarà di nuovo il suo Milan, che con l’arrivo di Igli Tare nel ruolo di direttore sportivo e la scelta di Max a capo delle operazioni sembrerebbe voler imparare dal passato, dagli errori recenti, portando competenza ed esperienza vincente in un anno senza coppe, nel quale - ne fa scuola Antonio Conte - le possibilità di vincere aumentano a dismisura se la gestione resta ferma e sapiente. È questo l’obiettivo di Allegri che, come concludono i Negrita nel loro singolo, vorrebbe essere il vento che arriverà per accarezzare il Milan, prendendosene cura e non facendolo sentire più solo, “fino alla fine del mondo”.


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